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La nuova frontiera del capitalismo della sorveglianza PDF Stampa E-mail

10 Agosto 2023 

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 Da Rassegna di Arianna del 6-8-2023 (N.d.d.)

C’è ancora chi crede che il Politicamente Corretto sia qualcosa che riguarda solo il linguaggio verbale? È nato così, negli Usa, sul finire degli anni Ottanta, in quegli ambienti “colti” e liberal che infestavano le università dove cominciarono a comparire regolamenti di condotta verbale (gli “speech codes”) per scoraggiare l’uso di parole ed espressioni ritenute discriminanti. E così si modificava il vocabolario di molte denominazioni per generare forme neutre, spesso edulcorate se non addirittura ridicole. Il paziente diventava assistito, il cieco non vedente, i becchini operatori cimiteriali, i contadini operatori agricoli, la mattanza raccolta di tonni. E siccome la cosa funzionava, nel senso di distorcere la realtà in modo che si perdesse la sua percezione, si cominciò a parlare di “bombardamenti umanitari” che esportavano la democrazia, che i liberal progressisti che si andavano replicando nel nostro mondo ben si guardavano dal definire una vera e propria aggressione oltre che alla dignità dei popoli sottoposti a tali trattamenti pedagogici (iracheni, afghani…) al semplice buon senso. Ma poi abbiamo cominciato a capire che il campo di applicazione non era solo quello linguistico, con l’imposizione nelle varie articolazioni del potere della neo lingua imperiale, ma direttamente quello sociale, con la “premiazione” di comportamenti sempre più “suggeriti” come corretti. Le varie “emergenze” hanno di volta in volta così imposto il giusto linguaggio e la giusta postura da assumere. L’emergenza “spread” a botta di “lo vogliono il mercati” faceva passare l’austerità neoliberista (da noi con Monti), l’emergenza covid faceva passare la fine della medicina di prossimità e tutte le porcherie imposte da un sistema asservito alle multinazionali del siero magico, ora l’emergenza climatica copre la necessità del capitalismo occidentale di ristrutturarsi lavorando sul senso di colpa dell’individuo responsabile del “surriscaldamento” globale per non trovarsi di fronte a una resistenza (come succedeva nel passato) rispetto a licenziamenti e peggioramento delle condizioni di vita. Per non parlare dell’emergenza anti-russa per consegnarci completamente nelle braccia amorevoli della “democrazia” Nato.

Ora scopriamo che l’ideologia del Politicamente Corretto, che, ripeto, corrisponde a una pratica concreta, serve a bloccare i conti correnti dei clienti non «compatibili con l’azienda bancaria», come scrive nero su bianco la britannica banca Coutts, «in contrasto con la nostra organizzazione inclusiva». Non riguarda solo il caso del cattivo Farage ma ben 350mila depositi a privati e associazioni, che in un anno si son visti cancellati i propri depositi da banche ossequiose alle direttive sui “giusti” comportamenti.

Lo aveva già fatto meno di due anni fa Justine Trudeau in Canada bloccando i conti correnti di quei camionisti che protestavano contro le misure liberticide con la scusa della pandemia. Le banche stanno facendo quello che nella scuola accade già da un po’ di tempo: dare un punteggio più alto allo studente che mostra di aver fatto percorsi ritenuti “giusti” dal punto di vista della “inclusività”. Così in Gran Bretagna – lo dichiara il “Daily Mail” – i conti chiusi sono aumentati da meno di 50mila nel 2016 a quasi 350mila l’anno scorso. La nuova frontiera del capitalismo della sorveglianza agisce quindi non più sul “solo” piano della messa all’indice dei comportamenti disallineati, sulla loro criminalizzazione e discriminazione reale, ma sul piano del sequestro della fonte del proprio sostentamento materiale.

Antonio Catalano

 
Cosa resta dell'emergenza Covid PDF Stampa E-mail

8 Agosto 2023

 Da Rassegna di Arianna del 6-8-2023 (N.d.d.)

Con enorme ritardo e nell'indifferenza generale pare stia per essere tolto l'obbligo di isolamento per chi è positivo al COVID. Eppure i decessi per COVID, pur poco numerosi e di persone che erano quasi sempre afflitte da altre gravi patologie, sono stati, nell'estate 2023, più o meno gli stessi di quelli che si sono registrati nelle estati 2020, 2021 e 2022. Che cosa è cambiato nel frattempo? È cambiata l'attenzione mediatica. I mezzi di comunicazione, che per due anni hanno diffuso terrore presso il pubblico degli sprovveduti, si sono indirizzati ad altre emergenze, quella bellica e quella climatica. Ora che la positività non servirà più a farsi dare una settimana di malattia dal medico di base è facile prevedere che anche il numero dei tamponi tenderà ad azzerarsi. I morti col COVID torneranno ad essere registrati come morti di cancro, di infarto, di polmonite, di ictus o, più semplicemente, di vecchiaia. Il coronavirus ridiventerà quello che probabilmente è sempre stato, una semplice influenza (forse un po' più grave, ma non è possibile dirlo perché, essendo state fin dall'inizio boicottate le medicine efficaci, ogni paragone con le epidemie influenzali del passato risulta improponibile).

Che cosa resterà, allora, di questa vicenda incredibile? Oltre ai terribili danni  provocati a milioni di persone ( soprattutto giovani ed anziani) che sono rimaste colpite nel corpo e nella psiche da mesi di isolamento, costrizioni e  ricatti, resterà l'abitudine a far strame dello stato di diritto e della verità, imponendo la volontà di pochi attraverso la creazione di  emergenze più o meno fittizie. Con questa pratica di governo, purtroppo, dovremo confrontarci ancora a lungo.

Silvio dalla Torre

 
L'eventuale carenza di grano non sarà colpa della Russia PDF Stampa E-mail

7 Agosto 2023 

 Da Comedonchisciotte del 3-8-2023 (N.d.d.)

Da quando, il 17 luglio, la Russia ha annunciato che non avrebbe rinnovato il Black Sea Grain Initiative, l’accordo per il grano, mediato da Turchia e Regno Unito, che consentiva all’Ucraina di esportare grano in una rotta protetta da Odessa e da altri due porti ucraini del Mar Nero, i media occidentali mainstream sostengono che il rifiuto creerà una carestia a livello globale e un’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari. Un attacco ucraino al principale ponte che collega la terraferma russa con la penisola di Crimea, programmato proprio per la fine dell’accordo sul grano, ha provocato un massiccio attacco di rappresaglia da parte delle forze russe, che ha danneggiato gravemente Odessa e i vicini porti di spedizione del grano. Qual è la situazione delle forniture alimentari del “granaio d’Europa”, come veniva chiamata l’Ucraina?

Il 19 luglio sull’Indian Express campeggiava questo titolo: “Il mondo si trova di fronte alla prospettiva degli ‘hunger games’ mentre la Cina fa incetta di cereali e la Russia si ritira dall’accordo“. Inoltre, si leggeva: “L’anno prossimo potrebbe prospettarsi una carestia mondiale a causa del ritiro della Russia da un importante accordo con l’Ucraina sui cereali alimentari e per le conseguenze dell’accaparramento di cereali da parte della Cina, il più grande consumatore di riso al mondo, ha messo in guardia un analista“. Il Los Angeles Times è stato altrettanto allarmista: “La Russia interrompe l’accordo che permette all’Ucraina di esportare grano, dando un colpo alla sicurezza alimentare globale”. CNN, Yahoo e altri media occidentali hanno pubblicato storie allarmistiche simili. Nessuno di essi si è preoccupato di entrare nel dettaglio della situazione attuale. È molto meno allarmante di quanto affermano. Il mondo potrebbe presto trovarsi di fronte ad una carenza di grano, ma non sarà a causa delle azioni della Russia in Ucraina. Il 19 luglio, due giorni dopo il non rinnovo dell’accordo, i prezzi dei futures mondiali del grano erano aumentati di circa l’8%, sulla base della notizia che la Russia avrebbe considerato qualsiasi nave diretta a Odessa o in altri porti ucraini come sospetta di trasportare armi e quindi un legittimo bersaglio per i missili russi. I media occidentali avevano poi affermato che la Russia stava causando una potenziale carestia mondiale ponendo fine all’accordo di esportazione del grano in Ucraina. Quali sono i fatti reali?

L’accordo, denominato Black Sea Grain Initiative, era stato concordato nel luglio 2022, in base al fatto che le azioni militari della Russia in Ucraina avrebbero creato gravi problemi alle forniture di grano ai Paesi africani e ad altri Paesi poveri. La Russia aveva accettato, con il patrocinio delle Nazioni Unite, un accordo in base al quale dai porti cerealicoli ucraini, come Odessa, sarebbe stato garantito dalla Russia un passaggio sicuro nel Mar Nero, in cambio della revoca da parte dell’Occidente delle sanzioni sull’esportazione di grano e fertilizzanti russi, compresa la revoca dell’esclusione dallo SWIFT della principale banca statale russa che si occupa di esportazioni cerealicole. Il 22 luglio 2022 la Russia, l’Ucraina, la Turchia e le Nazioni Unite avevano raggiunto un accordo per fornire un corridoio marittimo umanitario alle navi che trasportavano cibo e fertilizzanti dai porti ucraini del Mar Nero. Il 18 maggio 2023, la Russia aveva prorogato l’accordo, denominato Black Sea Grain Initiative, per 60 giorni, fino al 17 luglio. C’era un problema importante. L’Occidente si era rifiutato di onorare la parte russa dell’accordo. Secondo il portale statale russo Sputnik, “l’accordo è parte integrante di un pacchetto di accordi. La seconda parte – il memorandum Russia-ONU, che dovrebbe rimanere in vigore per tre anni – prevede lo sblocco delle esportazioni russe di cibo e fertilizzanti, la riconnessione della Banca Agricola Russa allo SWIFT, la ripresa delle forniture di macchinari agricoli, pezzi di ricambio e servizi, il ripristino del gasdotto per l’ammoniaca Togliatti-Odessa (che l’Ucraina ha sabotato nel giugno scorso) e una serie di altre misure. Mosca sostiene che questa parte dell’accordo non è stata ancora attuata“. […] Secondo Mosca, non solo l’ONU e l’Occidente si sono rifiutati di onorare la parte russa dell’accordo, ma l’Occidente stava anche usando le navi protette per consegnare all’Ucraina armi NATO e di altro tipo per alimentare la guerra, un atto che difficilmente si potrebbe definire umanitario.

Mentre l’Occidente sosteneva che il blocco russo del traffico navale da Odessa e da altri porti ucraini stava creando un disastro umanitario in Africa e in altri Paesi poveri, il grano, insieme al mais e all’olio di girasole ucraino, non finiva nei Paesi del Sud più povero ma nell’UE, almeno, fino a quando alcune grandi rivolte di agricoltori in Polonia, Bulgaria, Romania e in altri Paesi dell’UE non avevano costretto Bruxelles a vietare temporaneamente l’importazione del grano ucraino a basso costo. Secondo le Nazioni Unite, l’UE è stata la principale beneficiaria dell’accordo sul grano del Mar Nero: il 38% di tutto il grano ucraino è stato inviato in Europa, nonostante l’UE sia un esportatore netto di grano. Un altro 30% è andato in Turchia e il 24% in Cina. Un misero 2% è andato alle nazioni del Sud globale. Ad aprile, di fronte alla grande rivolta degli agricoltori contro l’ondata di importazioni di grano ucraino a basso costo, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria avevano introdotto un divieto temporaneo sui prodotti agricoli ucraini, dopo aver visto fallire le loro ripetute richieste all’UE di Bruxelles di imporre un divieto generale e di permettere al grano di essere trasportato in Africa e in altri Stati del Sud globale, secondo l’accordo originale.

Mentre la maggior parte delle statistiche del governo statunitense non ha molto valore, a causa di decenni di manipolazioni politiche, quelle del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti sulla produzione mondiale di grano sono generalmente considerate abbastanza accurate, poiché i cartelli mondiali dell’agroalimentare dipendono da questi dati per stabilire il prezzo del grano. Nel rapporto del 12 luglio, appena prima della fine del rinnovo dell’accordo sul grano con la Russia, il rapporto dell’USDA, intitolato Grain: World Markets and Trade, faceva osservare quanto segue: “Mentre l’anno commerciale 2022/23 volge al termine, la Russia ha consolidato la sua posizione di primo esportatore di grano al mondo”. Si stima che nel 2022/23 la Russia esporterà 45,5 milioni di tonnellate. Le destinazioni principali sono il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Asia centrale… Si prevede che le esportazioni di grano della Russia raggiungeranno un altro record di 47,5 milioni di tonnellate nel 2023/24″. Il rapporto dell’USDA prosegue parlando dell’Ucraina, dove i combattimenti hanno interessato le regioni con la miglior produzione cerealicola: “La superficie coltivata in Ucraina è diminuita in modo significativo a causa della guerra con la Russia. La produzione prevista per il 2023/24 è di 17,5 milioni di tonnellate, il raccolto più scarso da oltre un decennio. Con una forte riduzione delle forniture e l’incertezza sul futuro della Black Sea Grain Initiative, le esportazioni di grano dell’Ucraina per il 2023/24 sono previste in 10,5 milioni di tonnellate, con un calo di oltre il 40% rispetto alla media prebellica. Sebbene nel 2022/23 la Black Sea Grain Initiative abbia aiutato l’Ucraina ad esportare 16,8 milioni di tonnellate di grano, il 39% del grano si è mosso al di fuori del corridoio cerealicolo (principalmente attraverso spedizioni via terra verso l’Europa orientale)”. Se si sottraggono i 6,6 milioni di tonnellate di grano che sono andati nell’UE attraverso le rotte terrestri, circa 10,2 milioni di tonnellate di grano ucraino non sono attualmente trasferibili sui mercati mondiali attraverso il Mar Nero. Tuttavia, ciò equivale quasi esattamente al volume di grano ucraino che aveva invaso i mercati locali dell’UE lo scorso anno.

Il 27 luglio, in occasione del secondo vertice annuale Russia-Africa tenutosi a San Pietroburgo, il Presidente russo Putin ha promesso che la Russia fornirà gratuitamente grano ad alcuni Paesi africani che [in precedenza] avevano ricevuto grano dall’Ucraina: “Saremo pronti a fornire al Burkina Faso, allo Zimbabwe, al Mali, alla Somalia, alla Repubblica Centrafricana e all’Eritrea 25-50.000 tonnellate di grano gratis per ciascun Paese nei prossimi 3-4 mesi“. La NATO e i principali media occidentali stanno manipolando una narrazione unilaterale per incolpare la Russia di qualcosa che le loro stesse azioni corrotte hanno causato. La sospensione russa dell’accordo sul grano, che [i russi] dichiarano di essere pronti a riaprire, a patto che ci siano garanzie sul rispetto delle clausole a loro favore, non sta creando una catastrofe globale. Ciò che è molto più pericoloso per il mondo sono le azioni deliberate dell’UE e dell’amministrazione Biden per imporre tagli severi alla produzione mondiale di fertilizzanti nell’ambito della loro cosiddetta Agenda verde a zero emissioni di carbonio.

F. William Hengdahl (tradotto da Markus)
 
Mattei si rivolta nella tomba PDF Stampa E-mail

5 Agosto 2023

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 Da Rassegna di Arianna del 3-8-2023 (N.d.d.)

La parola inglese accountability rende bene il significato di quel che è stato perso nella vita politica italiana. Potrebbe essere tradotta con una perifrasi: “assumersi la responsabilità e dare conto del proprio operato”. Al cittadino appare chiaro che i politici, le istituzioni, persino i giornalisti e gli operatori culturali sono liberi da un tale fardello essenziale alla civiltà liberale e democratica.

Gli esempi potrebbero essere tanti. I giornalisti che avevano previsto il crollo economico della Russia e un cambio di potere a Mosca pontificano sulla probabile sconfitta militare della Russia, per nulla imbarazzati dalle loro precedenti errate previsioni. Romanzi premiati e pompati dal mercato non rispondono a volte ad alcun requisito letterario, ma le macchine della pubblicità, i critici, le case editrici e gli amichetti continuano indisturbati a distruggere la cultura. Il governo della destra “sovranista” di Meloni attua un programma in politica estera e in Europa che avrebbe potuto essere del Pd e del centrosinistra. Gli elettori restano fedeli nella sconcertante convinzione che la presidente non ha alternative se vuole restare al potere.

Le decisioni sono prese altrove. La finanza, le grandi multinazionali tirano i fili delle marionette politiche. Le indagini sociologiche serie hanno illustrato come il presidente degli Stati Uniti sia eletto grazie all’accordo di tali poteri forti. Non c’è nulla di automatico e deterministico. L’azione umana è piena di imprevisti. Ma, come l’assenza di partecipazione alla politica se non per interessi settoriali e la stessa astensione dal voto dimostrano, si è rotto quel filo che fino agli anni ‘80 ha legato società civile e istituzioni.

Prendiamo la politica mediterranea. Diplomatici e nuovi pennivendoli si affannano a illustrare il cosiddetto Piano Mattei. Senza pudore si utilizza un nome mitico. Enrico Mattei si rivolta nella tomba. Il grande imprenditore, che ha pagato con la propria vita il coraggio di perseguire l’interesse nazionale contro quello delle “sette sorelle”, il fine politico che ha creduto nel bene comune di Stati mediterranei e africani, viene strappato alla memoria collettiva e strumentalizzato per le carnevalate odierne. La presidente del Consiglio (ma Draghi o altri di centrosinistra non avrebbero fatto diversamente) si genuflette alle richieste militari ed economiche statunitensi, rinuncia agli interessi commerciali italiani nei rapporti con Pechino, elemosina senza ottenere una politica del Fmi diversa nei confronti della Tunisia, e nomina senza alcun pudore Enrico Mattei per riferirsi al piano energetico tra Italia e l’Africa fornitrice di energia. Nessun giornalista o economista si dà la pena di spiegare come mai decenni di politica mediterranea europea (dal processo di Barcellona 1995 all’Upm 2008) siano falliti nonostante gli sforzi di partnership egualitaria, di codecisione, di approccio olistico e non settoriale. Qualche brillante collega addirittura sostiene che la Nato, data la menzione del Fianco Sud nel prolisso e illeggibile comunicato finale a Vilnius, aprirà le porte a una cooperazione differente con i Paesi nordafricani. Mattei, a partire dal 1958, aveva stipulato con l’Urss accordi energetici favorevoli allo sviluppo economico italiano contro l’oligopolio delle multinazionali. Il governo italiano strumentalizza il suo nome mentre si lega mani e piedi all’energia statunitense venduta a caro prezzo e a frammentate fonti di approvvigionamento con dittature di umore instabile.

Il cittadino, nel leggere alcuni giornali, prova un terribile senso di presa in giro. Mieli realizza buoni programmi televisivi, recentemente una ricostruzione storica della rivoluzione cubana. Ci propina tuttavia articoli in cui racconta la fine dell’accordo sul grano come una decisione unilaterale del lupo cattivo. Dimentica di elencare le condizioni previste dall’accordo e non realizzate a partire dalla mancata revoca delle sanzioni sui pezzi di ricambio delle macchine agricole russe fino alla negata adesione della banca russa agricola al sistema di pagamenti Swift. Tace sulle percentuali di grano esportate (80% ai Paesi europei, 3% agli africani) che secondo l’Oxfam non risolverebbero i problemi dei Paesi emergenti, ma contribuirebbero a limitare l’inflazione di generi alimentari nei Paesi ricchi. Quanti intellettuali e rappresentanti istituzionali si prestano a questi giochi in malafede con appelli moralistici a favore dei Paesi emergenti smarrendo la visione oggettiva di quanto accade sulla scena internazionale? La sensazione sconcertante è che le élite al potere in Europa e i loro ‘cani da guardia” abbiano venduto l’anima e che la politica come l’economia e la cultura siano soltanto tecnica. Viviamo ormai in un eterno Barbie, film di visualità sublime privo di contenuti e con uno script demenziale.

Elena Basile

 
Cani da guardia dell'ordine costituito PDF Stampa E-mail

4 Agosto 2023

 Da Rassegna di Arianna del 2-8-2023 (N.d.d.)

Alla formazione della mia cultura politica, negli anni ’70, hanno contribuito libri e materiali di “controinformazione”, come si diceva allora. Strumenti che davano la possibilità, a chi volesse “andare oltre”, di approdare a verità che altrimenti il sistema informativo dell’epoca (come accade oggi) avrebbe celato definitivamente. Vere e proprie armi di battaglia che permettevano di sfondare il muro dell’omertà, specie quando si trattava di questioni grosse, come per esempio stragi, quelle che implicavano trame che spesso nascevano oltre oceano. Comunque, e qui arrivo al punto di questa breve riflessione, è che da nessuna parte si osava liquidare quella controinformazione in modo sprezzante accusandola di complottismo, negazionismo e cose del genere. Parole della neo lingua comparse intorno al Duemila. Di solito quella controinformazione proveniva da ambienti della cosiddetta sinistra extra parlamentare. Ora lo scenario politico e sociale è completamente cambiato, nulla permette di fare paragoni o pensare di poter trasferire categorie proprie di quell’epoca all’oggi. Infatti oggi, i migliori guardiani del faro, quelli che più si danno da fare per decostruire qualsiasi tentativo di controinformazione liquidandolo, quando va bene, con accuse di complottismo, sono proprio quelli della sedicente (che dice di sé) sinistra, la quale è diventata il più servile e docile cane da guardia della voce del padrone. “Sinistra” che si fa del tutto e per tutto garante della bontà della cosiddetta narrazione ufficiale. Provare a mettere in discussione la “narrazione” ufficiale (=pensiero dominante) significa innanzitutto trovarsi di fronte sinistri digrignanti mastini incattiviti dalla fedeltà assoluta all’ordine costituito. Ormai andiamo per emergenze, si è passati da quella psicopandemica a quella climatica (con in mezzo il conflitto Nato-Russia tutt'ora in corso) come se niente fosse. Emergenze nelle quali il sistema si è chiuso a riccio, guai a contraddirlo, e se ci sono in giro barlumi di “controinformazione” questa viene sbeffeggiata con l’accusa di complottismo. Se non con vere e proprie persecuzioni giudiziarie. Pandemia: greenpass, sospensioni dal lavoro, licenziamenti, brutalizzazione della protesta. Conflitto in Ucraina: criminalizzazione di chiunque provi a dare una versione diversa (e motivata) da quella “Russia aggressore-Ucraina aggredito” con tanto di attribuzione del timbro d'infamia “amico-di-Putin”.  Stesso copione per la cosiddetta crisi climatica, per cui non io, che conto nulla in materia, ma eminenti scienziati e studiosi (compresi Nobel) di clima, geologia e fisica sono completamente oscurati a vantaggio di giovani ecoansiati. Nessuna meraviglia, oggi il panorama politico (e informativo) è molto più blindato di ieri perché l'area geopolitica nella quale ci troviamo a vivere non può assolutamente tollerare alcuna smagliatura nel suo sistema di difesa dell’ordine unipolare, concretamente minacciato da una domanda crescente di affrancamento dal dominio americano. Sarà un caso se a Niamey, Niger, folle festanti per la caduta del governo filo-francese agitano striscioni inneggianti alla Russia e a Putin?

Antonio Catalano

 
La seconda decolonizzazione PDF Stampa E-mail

3 Agosto 2023

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 Da Rassegna di Arianna dell’1-8-2023 (N.d.d.)

Forse, dico forse perché una breve riflessione sconta troppi limiti, l’evento epocale in cui siamo immersi è quella di una seconda ondata del processo di decolonizzazione. La prima è stata un fallimento su molti versanti, per molte ragioni: 1) l’eredità del colonialismo che aveva costruito a tavolino e inventato stati, facendo violenza a comunità e tradizioni secolari, 2) l’idea di una decolonizzazione senza modernizzazione, 3) la mancanza di un’accumulazione originaria del capitale che potesse essere usata per una sorta di take off dei paesi del terzo mondo, 4) i popoli colonizzati avevano assunto la prospettiva del colonizzatore e interiorizzato l’identità che questi rimandava loro, 5) l’idea stessa di socialismo era troppo occidentale, e resta da capire se quanto accadde in Cambogia fu conseguenza della cultura cambogiana o dell’ introiezione reattiva di un’idea di purezza caratteristica della cultura occidentale.

Molti altri fattori andrebbero aggiunti, e analisi più fini dei limiti di quel processo sarebbero necessarie. Appartiene all’analisi del passato, necessaria per comprendere il presente. Ma oggi sta accadendo qualcosa di nuovo, inedito, che non è la prosecuzione di quel processo. Assistiamo alla defrancesizzazione dell’Africa, al rifiuto della cultura europea da parte di quei popoli, ma con un progetto di modernizzazione, di sviluppo. La sfida per molti popoli, non solo africani, è coniugare modernizzazione e identità culturale, senza sciogliersi nei valori occidentali, che sono universali solo per noi. Questo processo non è privo di contraddizioni, di pericoli, e non sarà facile né una passeggiata come l’idea di progresso, che è occidentale ed anche un’invenzione recente, ci farebbe immaginare. Ma può essere percorso perché nuove condizioni si sono create.

In primo luogo Cina, India, Brasile possono fornire il capitale necessario a innescare sviluppo. Quel capitale che l’Occidente non ha mai voluto fornire limitandosi a sussidi atti a mantenere quegli stati in condizione di sottosviluppo e di dipendenza. Naturalmente nessuno fa niente per niente, le contraddizioni ci sono e anche qui bisognerebbe entrare in maggiori dettagli. I nuovi processi di decolonizzazione hanno bisogno di forza militare. Banalmente, in altre condizioni in Niger la Francia sarebbe già intervenuta militarmente mossa da esigenze umanitarie. Ora non lo può fare, da un lato perché Burkina Faso e altri stati hanno detto chiaro che ingerenze straniere in Niger sarebbero considerate una dichiarazione di guerra. E naturalmente possono farlo perché possono contare sul sostegno russo.

La Russia non è l’Unione Sovietica, non mira a imporre un tipo di sistema sociale, e questo introduce un nuovo elemento sul terreno geopolitico, che qui non esploriamo ulteriormente. Ma questo processo non è senza impatto sui nostri piani, sulle nostre economie. Per fare solo un esempio, parliamo di green, energia pulita, di nucleare. Ma anche il nucleare implica materie prime, collocate per esempio in Niger, in Kazakistan. La Francia dovrà rivedere qualcosa. È un processo complesso, contraddittorio, e il rischio è che lo si affronti col moralismo, col tema dei diritti, che ovviamente sono solo la maschera di interessi da nascondere. Un processo che coinvolge la riduzione non solo e non principalmente della Francia, che solo per risentimento ha mandato certi missili in Ucraina, ma l’intero cosmo dell’anglosfera. Abbiamo due grandi potenze europee, Francia e Inghilterra, che stanno uscendo dalla storia mondiale, che saranno ridotte a un ruolo marginale, gli Stati Uniti che continueranno ad avere un ruolo fondamentale, ma non più di padrone assoluto. Pensare questi processi inesorabili è l’unica maniera per evitare disastri su disastri, perché non basta che non si arrivi a una catastrofe nucleare:  è necessario evitare che i prossimi decenni siano costellato da guerre su guerre. Per fare questo bisogna dismettere la retorica dei diritti universali, iniziare a studiare la storia, le tradizioni, le contraddizioni reali. Accomiatarsi da Rawls e da tutto quel pensiero che ha rimosso la storia e la realtà, e iniziare a ragionare seriamente.

In questo è anche la sfida per la filosofia: se essere riflessione autocomprensione della propria epoca o ideologia a uso del potere, mera produzione di argomenti utili a nascondere le contraddizioni reali.

Vincenzo Costa

 
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